Il trasporto su gomma è una delle principali fonti di danno climatico: nel 2024 è stato responsabile di circa il 12% delle emissioni di gas a effetto serra,1 a testimonianza di quanto sia necessario adottare prassi più sostenibili via via che le infrastrutture si espandono. Tuttavia, i governi insistono per mandare avanti la costruzione di reti viarie a un ritmo senza precedenti. Al momento, su scala globale sono in cantiere progetti per 2’700 miliardi di dollari, espansioni che quasi certamente porteranno a un aumento dei volumi di traffico, soprattutto di auto private,2 con notevoli conseguenze sul piano ambientale. Poiché il settore è responsabile di una quota consistente di emissioni legate all’energia, questa rapida crescita potrebbe mettere a rischio le riduzioni di CO2 così faticosamente conquistate. Il paradosso è evidente: le infrastrutture che alimentano la crescita economica possono anche vincolarci a subire emissioni elevate, nonostante i paesi si impegnino a raggiungere gli obiettivi dello zero netto.
Rapporto dell’ONU: il trasporto è un fattore di criticità
Un rapporto del 2024 stilato dalle Nazioni Unite evidenzia la dura realtà. Nonostante si continuino a prendere impegni a favore dello zero netto, le azioni messe in campo a livello mondiale rimangono sostanzialmente insufficienti. Il rapporto annuale dell’UNEP, Emissions Gap Report,3 avverte che il mondo dovrà affrontare un riscaldamento globale che potrebbe arrivare a 3,1°C se i governi non interverranno in modo più incisivo. Nel 2023, le emissioni hanno raggiunto un livello record di 57,1 gigatonnellate di biossido di carbonio equivalente, aumentando dell’1,3% rispetto al 2022. I settori critici, tra cui energia, trasporto e agricoltura, sono quelli che contribuiscono maggiormente alle emissioni di gas a effetto serra.
Il rapporto ci avverte che siamo ormai a un bivio: “I paesi devono intervenire ora in maniera più incisiva, mostrare una disponibilità di gran lunga maggiore ad assumere nuovi impegni e realizzare con urgenza le necessarie misure politiche ed attuative. Se non lo fanno, l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di contenere il riscaldamento globale a 1,5°C sarà affossato nel giro di pochi anni e cederà il passo a temperature di 2°C, dando così inizio a uno stato di emergenza”.4
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Il rapporto sottolinea che il settore dei trasporti, assieme alle foreste, all’energia rinnovabile e alle misure di efficienza energetica, potrebbe offrire un notevole potenziale inutilizzato per colmare il divario che ci separa dall’obiettivo dello zero netto. Inoltre, secondo il rapporto, sebbene gli interventi forestali possano ridurre le emissioni di circa il 20%, gli interventi nel settore dei trasporti, ad esempio, l’elettrificazione su larga scala, la migrazione verso combustibili diversi e i miglioramenti sul fronte dell’efficienza, sono tra le misure più efficaci e praticabili. Attuare queste strategie nell’ambito di un programma che coinvolge le intere compagini governative potrebbe generare importanti benefici socio-economici e ambientali e minimizzare le soluzioni di compromesso.5
“I paesi devono intervenire ora in maniera più incisiva, mostrare una disponibilità di gran lunga maggiore ad assumere nuovi impegni e realizzare con urgenza le necessarie misure politiche ed attuative. Se non lo fanno, l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di contenere il riscaldamento globale a 1,5°C sarà affossato nel giro di pochi anni”
Il dilemma ambientale
In molte parti del mondo mancano le infrastrutture di trasporto pubblico che potrebbero offrire una valida alternativa ai veicoli privati. Nei paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli africani e asiatici, l’espansione delle reti viarie è considerata di fondamentale importanza per migliorare la connettività e promuovere la crescita economica. Tuttavia, sono le nazioni più ricche che continuano a costruire. Ad esempio, in Europa, tra il 1995 e il 2020, la lunghezza totale delle reti stradali è aumentata del 60%, mentre quella delle reti ferroviarie è diminuita del 6,5%. L’espansione delle infrastrutture viarie, secondo i suoi sostenitori, può ridurre le emissioni accorciando i tempi di percorrenza, sebbene gli studi continuino a dimostrare che i benefici sono solo temporanei. Spesso, un’espansione della capacità innesca una maggiore domanda che, nel tempo, porta inevitabilmente a un utilizzo più intenso di veicoli.
In futuro, la transizione globale verso i veicoli elettrici (VE) dovrebbe svolgere un ruolo centrale nell’abbattere le emissioni connesse ai trasporti. Tuttavia, la ricerca di BloombergNEF mostra che persino nel 2035 più del 40% delle nuove autovetture vendute in tutto il mondo sarà alimentato da combustibili fossili, evidenziando così la portata della sfida che ci attende.6 In occasione della COP28, le nazioni ricche hanno stabilito un piano di incentivazione dei veicoli elettrici nelle economie in via di sviluppo tramite la ZEV Transition Roadmap, un piano di azione per la transizione verso veicoli a emissioni zero, e si sono impegnate a rendere i VE “l’opzione più conveniente, accessibile e appetibile”, ovunque, entro il 2030. Tuttavia, la COP29 ha supportato la transizione ai veicoli elettrici solo marginalmente. Secondo le previsioni degli analisti, entro il 2050 occorrerà investire 2’700 miliardi di dollari in trasporti ecocompatibili, un aumento di circa sette volte rispetto agli attuali livelli di finanziamento.7
Nei paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli africani e asiatici, l’espansione delle reti viarie è considerata di fondamentale importanza per migliorare la connettività e promuovere la crescita economica. Tuttavia, sono le nazioni più ricche che continuano a costruire
Oggi, tutti gli occhi sono puntati sulla COP30,8 che si terrà in Brasile nei prossimi mesi, in occasione della quale la decarbonizzazione dei trasporti dovrebbe avere un ruolo centrale, come si evince dall’impegno a condividere gli ultimi dati settoriali assunto dal Forum internazionale dei trasporti (ITF) e dall’insistenza delle economie in via di sviluppo per impegni più rigorosi a favore dei veicoli elettrici e di una mobilità pulita.
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Primi segnali dagli apripista
La crescita incessante delle infrastrutture viarie non è generalizzata in quanto le preoccupazioni climatiche impongono un ripensamento. Alcuni governi stanno già invertendo la rotta, privilegiando investimenti che, oltre alla mobilità, offrono benefici ambientali e sociali.
- Il governo del Galles ha annullato diversi progetti di opere viarie, giustificando la decisione con obiettivi di sostenibilità.
- Il Dipartimento dei trasporti del Colorado ha annullato due grandi progetti di ampliamento della rete stradale, dirottando i finanziamenti verso progetti di transito più ecocompatibili, come autobus più veloci e piste ciclabili migliori.
- Numerosi paesi stanno sperimentando innovazioni più sostenibili e impiegando meno macchinari pesanti per ridurre l’uso di energia e l’alterazione degli habitat.
- Los Angeles ha avviato progetti pilota di opere stradali utilizzando asfalto miscelato con plastica PET riciclata. Tecnologie simili, plastica-asfalto, sono utilizzate nei Paesi Bassi e in Scozia, ottenendo sia vantaggi misurabili in termini di maggiore resistenza e durata del manto stradale che benefici ambientali.
Tuttavia, pur attuando strategie del genere, armonizzare l’ampliamento delle reti stradali con gli obiettivi ambientali continuerà a essere un dilemma di difficile soluzione. Per consentire alle autorità responsabili dei trasporti di trovare il giusto equilibrio tra costruzione di infrastrutture stradali e obiettivi dello zero netto, occorre che diversi fattori si allineino.
1. Privilegiare i sistemi multimodali
Investire, dove possibile, in trasporti pubblici può contribuire a ridurre la dipendenza complessiva dall’automobile. La ricerca mostra che le emissioni di gas a effetto serra (GHG) degli autobus e dei treni per chilometro/passeggero sono fino a due terzi inferiori di quelle generate dai veicoli privati.9
2. Incorporare la sostenibilità nella progettazione delle infrastrutture stradali
Utilizzare materiali e metodi di costruzione sostenibili assieme a una pianificazione dei percorsi che miri a ridurre le emissioni e a minimizzare l’impatto sugli habitat.
3. Far leva sulla finanza verde
Le obbligazioni sostenibili e i finanziamenti legati al clima possono contribuire a riorientare l’economia verso un trasporto a basse emissioni di carbonio.
Tradurre le ambizioni in azioni
La crescita delle infrastrutture e il percorso verso lo zero netto non sono obiettivi contrastanti, ma per raggiungere un equilibrio occorrono interventi decisi e coordinati. Le autorità responsabili dei trasporti devono trovare un giusto compromesso tra la spinta a espandere le reti viarie ai fini di una maggiore connettività economica e sociale e l’imperativo di azzerare le emissioni. Considerato che, a livello globale, sono in ballo progetti per migliaia di miliardi di dollari, le poste in gioco non hanno precedenti in termini di portata e di impatto climatico. Per affrontare questo terreno impervio e allinearsi con gli obiettivi dello zero netto, è assolutamente necessario incorporare la sostenibilità in ogni fase della pianificazione viaria, privilegiare le modalità di trasporto poco inquinanti e adottare metodi di costruzione innovativi che abbattono le emissioni. La progettazione stradale da sola non riuscirà a realizzare il cambiamento necessario. Solo combinando queste misure le infrastrutture potranno diventare una piattaforma di crescita pienamente compatibile con un futuro a zero emissioni, accelerando altresì la transizione verso i veicoli elettrici, espandendo il trasporto pubblico e gestendo la domanda di utilizzo di automobili private.
Perché ciò si realizzi occorre una mobilitazione a livello globale di una portata e una rapidità senza precedenti. I governi, i legislatori, gli imprenditori e gli investitori devono impegnarsi collettivamente a ridurre le emissioni annue di GHG nei settori più inquinanti. Tuttavia, l’impegno da solo non basta: deve essere accompagnato da interventi rapidi e decisivi e da cambiamenti di sistema che colmino il divario tra ambizione e realtà. Per noi di Lombard Odier ciò significa investire in cambiamenti sistemici globali, un programma che trasforma i pilastri della nostra economia per allineare la crescita con la sostenibilità e la prosperità a lungo termine.
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