Visto da fuori, il nuovo campus agricolo che Plenty ha realizzato a Richmond, in Virginia, appare tutt’altro che d’eccezione: un edificio grigio, massiccio, simile al fratello minore del vicino centro di distribuzione Amazon o al deposito di forniture medicali che dista poco meno di un chilometro in direzione nord.
All’interno, però, le cose cambiano: il grigiore esterno lascia spazio alle snelle strutture in acciaio e alle candide pareti bianche, illuminate da linee interminabili di punti luce e tubazioni trasparenti, che creano la visione di un futuro industriale tratto direttamente dal set di un film di fantascienza. Ma ancora più emozionanti sono i rigogliosi piccoli grattacieli verdi, dall’insolita ambientazione clinica, di circa 10 metri di altezza, ognuno ricoperto da migliaia di fragole. È un’azienda agricola, ma non di quelle che conosciamo.
La nuova “fattoria verticale” di Plenty, i cui piani di espansione puntano a farne la più grande azienda agricola verticale del mondo dedicata alla produzione di fragole, è non solo l’avanguardia della tecnologia agricola, ma anche il simbolo delle recenti sfide che ha dovuto affrontare il settore. A marzo 2025 Plenty, che godeva di un capitale di rischio di circa 1 miliardo di dollari, oltre al sostegno del fondatore di Amazon, Jeff Bezos, e della Softbank, ha dichiarato bancarotta. Dopo due mesi sotto amministrazione, Plenty è tornata in attività, benché ridimensionata, con il nuovo campus agricolo di Richmond, che oggi rappresenta il suo principale centro di interesse.
Negli ultimi anni numerose start-up dell’agricoltura verticale si sono trovate in difficoltà, ma il settore tiene ancora fede all’allettante promessa di una produzione di frutta e verdura di alta qualità, coltivata in maniera sostenibile e disponibile ogni giorno dell’anno. Con una popolazione destinata a raggiungere i 10 miliardi a livello globale,1 riuscirà dunque l’agricoltura verticale a dare una risposta ai nostri timori per l’approvvigionamento alimentare? Oppure i costi di start-up ed operativi elevati deluderanno gli investitori?
Agricoltura e tecnologia a confronto
La premessa di fondo è semplice. Dall’idea di Dickson Despommier, professore di microbiologia presso la Columbia University, che ha sfidato i propri studenti ad analizzare la possibilità di nutrire l’intera popolazione di Manhattan mediante la coltivazione di giardini pensili per un totale di poco più di 5 ettari di terreno, il primo obiettivo dell’agricoltura verticale è ridurre al minimo l’utilizzo del suolo, coltivando in altezza piuttosto che in larghezza.
La tecnologia in sé è molto più complessa. Le moderne fattorie verticali economizzano sul terreno e le piante traggono nutrimento dall’acqua ricca di sostanze nutrienti oppure dalla diffusione di speciali aerosol. In alcune di queste coltivazioni, i telai ad A e le scaffalature di piante salgono il più in alto possibile, tanto quanto permette la struttura portante; altre invece creano foreste di tubazioni vuote tempestate di fori che permettono alle piante di crescervi attraverso, con le radici sospese nel vuoto.
L’ambiente confinato permette alle aziende agricole di monitorare e controllare ogni variabile: luce, temperatura, livelli di CO₂ nell’atmosfera, velocità del vento, umidità e molto altro ancora. Nelle aziende agricole più moderne, l’intelligenza artificiale (IA), i big data e la robotica analizzano e rispondono automaticamente a miliardi di punti di rilevamento ogni anno.
Tutto questo ha spinto gli investitori a chiedersi se tali aziende futuristiche che producono beni alimentari siano vere e proprie aziende agricole o piuttosto società tecnologiche.
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La promessa della tecnica e la fragilità commerciale
La risposta a questa domanda è stata la chiave delle sfide che il settore si è trovato ad affrontare. Secondo Henry Gordon-Smith, fondatore e CEO di Agritecture, una società di consulenza per sistemi alimentari, “l’attrattiva dell’innovativa storia di PI [proprietà intellettuale]… fa apparire le aziende agricole come società tecnologiche e questo si traduce in valutazioni più elevate all’atto della raccolta fondi”2.
Nell’ultimo decennio sono stati investiti oltre 6 miliardi di dollari in start-up dell’agricoltura verticale,3 sull’onda dell’euforia tipica delle nuove tecnologie. L’innovazione, tuttavia, non si è rivelata una garanzia di redditività. I costi di gestione delle fattorie verticali come, ad esempio, riscaldamento, manutenzione della robotica di una certa complessità e sistemi di automazione nonché alimentazione dei pannelli LED, apparentemente senza soluzione di continuità, che sostituiscono la luce solare sono elevati. L’aumento dei costi energetici ha messo fine a molte start-up, costrette a venire meno all’esigenza fondamentale di questo business, ossia tenere le luci accese.
Molte aziende sono state penalizzate dall’eccesso di automazione, che ha comportato costi energetici maggiori e minore redditività. Oggi si stanno affermando sistemi più semplici che, il più delle volte, sembrano essere anche i più remunerativi
Dal 2021, nomi del calibro di Plenty, InFarm in Germania, Bowery negli Stati Uniti e AppHarvest hanno chiuso i battenti oppure hanno affrontato il fallimento e la successiva ristrutturazione. Henry Gordon-Smith osserva che “via via che il settore entra in una fase correttiva innescata dall’aumento dei costi energetici… si avrà minore enfasi su PI e maggiore enfasi sugli utili.”4
Paul Gauthier, professore di coltivazione protetta presso l’Università del Queensland, uno dei massimi esperti mondiali dell’agricoltura verticale, la pensa in modo analogo. “Molte aziende sono state penalizzate dall’eccesso di automazione, che ha comportato costi energetici maggiori e minore redditività”, sostiene. E aggiunge: “Oggi si stanno affermando sistemi più semplici che, il più delle volte, sembrano essere anche i più remunerativi”5.
Coloro che riescono a superare gli ostacoli tipici di una start-up possono contare su diversi vantaggi importanti rispetto all’agricoltura tradizionale.
Al primo posto va ricordato il potenziale di alto rendimento e la fruibilità durante tutto l’anno. Secondo la ricerca, ad esempio, le fattorie verticali possono coltivare fino a 30 volte più lattuga per metro quadrato rispetto alle omologhe tradizionali6 (sebbene alcune fattorie verticali parlino di un aumento della produttività di 300 volte superiore). Le fattorie verticali possono anche accelerare il processo di coltivazione, effettuando fino a 15 raccolti all’anno7.
L’ambiente controllato dell’agricoltura verticale vuol dire che spesso non occorrono pesticidi e questo è un punto a favore decisivo per molti consumatori. Alcune fattorie verticali sono perfino capaci di coltivare, raccogliere e imballare i loro prodotti senza dover passare per il lavaggio, con una conseguente durata di conservazione molto più lunga. YesHealth Group di Taiwan, ad esempio, riferisce che le loro insalate possono conservarsi anche per due settimane8.
Le fattorie verticali richiedono il 90% in meno di acqua, il che fa di loro la soluzione ideale per le regioni in cui questa scarseggia
Tale efficienza comporta anche altri vantaggi. Le fattorie verticali richiedono il 90% in meno di acqua,9 il che fa di loro la soluzione ideale per le regioni in cui questa scarseggia. Inoltre, grazie all’impronta di carbonio modesta e all’elevato potenziale urbano, sono sempre più considerate un fattore importante per la sicurezza alimentare in caso di elevata densità della popolazione o urbanizzazione.
A Singapore, dove oltre il 90% del cibo è importato,10 il governo ha sostenuto il finanziamento della fattoria verticale GroGrace nell’ambito dell’impegno per garantire la produzione nazionale del 30% dei beni alimentari necessari11. Analogamente, YesHealth Group ha siglato una partnership con Mowreq Specialized Agriculture per realizzare il più grande stabilimento di agricoltura verticale in Arabia Saudita nell’ambito del progetto Saudi Vision 203012. In un mondo afflitto da tensioni geopolitiche e fragilità delle filiere produttive, l’agricoltura verticale rappresenta per i governi un modo per migliorare la sicurezza alimentare nazionale.
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Le “criticità” trainano lo sviluppo del mercato
Il premio potenziale per gli investitori è gigantesco. Il valore totale del mercato globale della frutta e della verdura fresca è già superiore a 850 miliardi di dollari ed è destinato a raggiungere i 1300 miliardi di dollari circa entro il 203313.
Per ora, le fattorie verticali sono adatte a una resa relativamente contenuta. Le insalate verdi, come lattuga e rucola, sono le migliori. Secondo gli esperti, nel giro di 10 anni il settore potrebbe produrre addirittura il 50% della verdura a foglia verde degli Stati Uniti14, anche se fragole, pomodori e persino uva sono già prodotti con le tecniche dell’agricoltura verticale e le società innovatrici continuano a inserirli nell’elenco delle possibili coltivazioni.
Malgrado la recente sottoperformance, si stima che il mercato globale dell’agricoltura verticale, che nel 2024 si aggirava sugli 8 miliardi di dollari, raggiungerà i 49 miliardi di dollari circa entro il 203315. Ciò sarà in parte frutto dell’innovazione costante, della preferenza dei consumatori e delle economie di scala realizzate con la progressiva affermazione delle start-up e in parte avverrà in risposta a una delle principali “criticità” odierne. Il cambiamento climatico sta minacciando i produttori alimentari in tutto il mondo, con raccolti a rischio a causa della siccità, delle ondate di calore, delle inondazioni, degli incendi incontrollati e del degrado del suolo. Spostando le coltivazioni al chiuso e riducendo al minimo il bisogno di suolo e acqua, l’agricoltura verticale crea resilienza alle minacce della filiera degli approvvigionamenti.
Mike Hedges, CEO di GrowUp, azienda di agricoltura verticale con sede nel Regno Unito, che ha registrato un’impennata degli utili del 400% nel 2023-2024, ritiene che questo sarà un sostegno chiave per la crescita costante del settore: “Non credo che sia una questione di ‘se’, quanto piuttosto di ‘quando’ ogni rivenditore al dettaglio avrà un partner [di agricoltura] verticale. Che siano fondatori e gestori o semplicemente coinvolti nel progetto, non importa. Ma dovrà essere così. Hanno infatti bisogno di resilienza nella propria filiera degli approvvigionamenti”16.
Oggi diverse fattorie verticali hanno conseguito la redditività su scala commerciale, dimostrando che i costi elevati non sono un impedimento. iFarm, di YesHealth Group, ha raggiunto la redditività entro tre anni dall’inizio dell’attività, mentre GrowUp dovrebbe arrivare a tale traguardo nel corso dell’anno, supportata dal successo dell’innovativa Unbeleafable, insalata a foglia verde, uno dei prodotti più venduti nei supermercati del Regno Unito. Per gli investitori, tuttavia, è evidente che la selettività accurata sarà fondamentale per affrontare la transizione da un settore di start-up a un comparto maturo e capace di mantenere le promesse intrinseche del suo enorme potenziale.
L’agricoltura verticale sta crescendo ed è quindi destinata a diventare un attore chiave della migrazione verso un sistema alimentare sostenibile, capace di produrre più cibo, utilizzando meno suolo e meno acqua, e di sollevare la natura dal peso crescente dell’agricoltura.
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